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      Io, come Dio volle, ora con una scusa ora con un'altra gli sguisciai di mano; ma il Prete arrivato a Pisa fece come facevano i Parti, mi scagliò per indietro quattro sonetti rumorosi come quattro tuoni e vuoti come quattro spugnoni che siano stati tenuti tre ore a questo sole d'agosto. Già s'intende che vuol sapere il mio parere e che io non gliene dirò verbo per non farmi complice di lesa poesia. Vedete in po' che destino! Quanto più bado a tenermi lontano dal branco, tanto più mi ci chiappano. Ier mattina n'aveva d'intorno tre; chi recitava da Arcade, chi da Menestrello e chi da Salmista, ed io che tiravo a dir cose da chiodi di tutti e tre questi guasta-mestieri; e' si faceva un quartetto che è un gran peccato che qualcuno non fosse al buco della chiave.
      Per non saper cosa fare ho riunite e date alla stampa quelle quattro o sei cosarelle sparse nelle strenne di Livorno o di Firenze, e nella settimana spero che me le sforneranno. L'Orlandini, che è sincero come uno specchio, m'è stato alle costole per farmele rabberciare qua e là, che c'è voluta tutta colla fiaccona e colla svogliatezza che mi trovo addosso. Ne manderò una copia alla signora Marianna; a voi no perchè quelle lettere al Capei m'hanno messo in soggezione. Buon per voi che sapete tanto e tanto bene, e buono per chi può starvi d'intorno a scroccarvi una parte del vostro sapere. Io ci vengo di rado perchè temo di rubarvi il tempo; e perchè n'esco indebitato sempre fino agli occhi. . . . . (Non continua)
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      Al Prof.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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