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      167.
      A Pietro Thouar.*
      Colle, 11 novembre 1844.
      Mio caro Pietro.
      Ho letto le tue Tessitore, che in Livorno in quello sbalordimento di tutti i sensi avea poste in serbo per un tempo migliore. Felice, caro Pietro, chi ha saputo e potuto mantenersi un cuore così buono come ci vuole a scrivere quel libro. Credi che tu m'hai fatto fare l'esame di coscienza e l'atto di contrizione almeno dieci volte. Mi duole di doverti dire che non avrai lettori quanti ne meriti, se per lettori s'intende dire persone che sappiano valutare un libro. Ma non ti fermare per questo; verrà un tempo che questi scritti si faranno sentire pienamente.
      T'avverto di stare attento all'intero discorso quando raccogli una frase o un motto dalla bocca del popolo, perchè segnandolo lì nudo, si corre risico di svisarlo nell'adoperarlo. Tu, novantanove per cento, cogli nel vero segno, ma talvolta lo rasenti solamente. Per esempio alla pagina 59 tu fai dire alla Lisabetta a proposito di Maestro Cecco: "Per presenzia, e' sarà un uomo da mettersi il capo in grembo" e spieghi in nota questa frase come se si dicesse di persona di gran rispetto. Ora, mettere il capo in grembo a uno, significa fidarsene alla cieca, quasi affidandogli la cosa più essenziale che noi abbiamo; e se tu l'hai udito usare altrimenti, di' pure che è stato uno sbaglio. Il popolo volendo lodare un galantuomo dice: Quello? quello è un uomo da mettergli il capo in grembo. Alla pagina 145, parlando dell'avviatora, e dicendo che era venuto il tempo che ella potesse ciarlare a suo modo, adoperi la frase, l'ebbe agio di dar l'andare al trogolo.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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