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      La soglia dove i bambini del vicino avevano tanto giocato era lorda di sangue. Amore e fedeltà, i più bei sentimenti dell'uomo, erano convertiti in violenza e delitto. I grandi lauri erano senza foglie e ghiacciati; le belle siepi che s'inarcavano al di sopra dei muretti del cimitero erano spoglie, e attraverso gli arbusti nudi si vedevano le pietre tombali coperte di neve.
      Quando egli si avvicinò all'osteria davanti alla quale era riunito tutto il villaggio, si levò improvviso un grido. Si vide da lontano un gruppo di uomini armati, e ciascuno disse che si conduceva l'assassino. Werther lo guardò, e non rimase in dubbio a lungo. Sì, era proprio il servo che qualche tempo prima aveva incontrato errante in preda a cupo furore, a segreta disperazione.
      Che hai fatto, disgraziato! esclamò Werther avvicinandosi al prigioniero. Questi lo guardò tranquillo, rimase un momento in silenzio, poi rispose senza commuoversi: "Nessuno l'avrà, lei non avrà nessuno".
      Il prigioniero fu condotto nell'osteria e Werther scappò via. La spaventosa, violenta emozione aveva prodotto una scossa in tutto il suo essere. Per un istante egli fu strappato alla sua tristezza, al suo scoraggiamento, alla sua apatica rassegnazione; la pietà lo penetrò potentemente, ed egli fu preso da un irresistibile desiderio di salvare quell'uomo. Lo indovinava così infelice, lo sentiva così scusabile anche nel delitto, si metteva così bene al suo posto che credeva fermamente di persuadere anche gli altri. Già desiderava poter parlare in suo favore, già la difesa più efficace correva alle sue labbra e si affrettava alla casa di caccia e, cammin facendo, non poteva trattenersi dal dire a mezza voce quel che avrebbe voluto esporre al borgomastro.


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I dolori del giovane Werther
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 144

   





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