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      I colli ti dimenticheranno; il tuo arco disteso poserà in un'alta sala.
      Tu eri rapido, Morar, come un capriolo sulla roccia, terribile come una fiamma notturna nel cielo. La tua collera era una tempesta, la tua spada nella battaglia, un lampo sulla landa. La tua voce sembrava il torrente dopo la pioggia, il tuono grondante tra le montagne. Molti caddero sotto il tuo braccio, la fiamma della sua ira li consumò. Ma quando tu ritornavi dal combattimento, com'era calma la tua fronte! Il tuo viso era come il sole dopo la tempesta, come la luna nella notte silenziosa; il tuo seno era tranquillo come il lago quando è cessato il rumore del vento.
      Ormai è angusta e oscura la tua dimora! Con tre passi misura la tua tomba... e prima tu eri così grande! Quattro pietre coperte di muschio sono il tuo solo monumento; un albero spoglio, lunghe erbe mormoranti al vento indicano al cacciatore la tomba del possente Morar. Non hai la madre che ti pianga, non una fanciulla che ti dia le lacrime dell'amore. Morta è colei che ti ha generato, caduta è la figlia di Morglan.
      Chi è quell'uomo che avanza appoggiato al bastone? e il suo capo è bianco per la vecchiaia, i suoi occhi arrossiti dal pianto? È tuo padre, Morar, tuo padre che non ebbe altri figli che te. Egli udì la tua voce nella battaglia, sentì che i nemici erano stati distrutti: seppe la gloria di Morar! Ah! e non seppe nulla, forse, della sua ferita? Piangi, padre di Morar, piangi! Ma non ti ode tuo figlio! Profondo è il sonno dei morti, profondo il loro cuscino di polvere.


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I dolori del giovane Werther
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 144

   





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