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      MEFISTOFELE. Che ne va, che perderete anche costui? Sol che vogliate darmi licenza di condurlo pian piano per le mie vie.
      IL SIGNORE. Quanto egli ha a vivere sopra la terra tanto è concesso a te di fare tue prove. Che l'uomo svia finché va pellegrino.
      MEFISTOFELE. Ve ne so grado, però ch'io non me la sono mai presa volentieri co' morti; e specialmente io mi diletto delle guance lucenti e pienotte. Nel fatto di cadaveri io non sono in casa mia; egli m'interviene quel che al gatto col topo.
      IL SIGNORE. Or via, ti è lasciato fare. Rimovi quello spirito d'alta sua origine, e se ti riesce di avvilupparlo, volgilo in giù teco per le tue vie. E rimanti vergognato quando tu abbi pure a riconoscere che l'uomo da bene, ancorché paja starsi perplesso, è pur sempre consapevole del buon cammino.
      MEFISTOFELE. Egregiamente! solo che l'avrem tosto finita. Non ho un timore al mondo di perdere questa gara; ma se riesco al mio intento, vogliatemi concedere che ne meni trionfo di gran cuore. Polvere egli dovrà mangiare e con gusto, come il famoso mio avolo il serpente.
      IL SIGNORE. Di più: tu puoi liberamente apparire nel mondo; ch'io non ebbi mai in odio i simili a te. Di tutti gli spiriti che negano, quegli che mi dà minor noja è il beffardo. L'uomo agevolmente inchina a sonnolenza, e vorrebbe di certo conseguire un perfetto riposo; perciò io gli metto volentieri a' fianchi uno istigatore che lo solleciti, e lo cacci innanzi e lo tenga in faccende con quella instancabilità che è propria de' demoni. - Ma voi, prole purissima del cielo, godetevi beati delle bellezze che si spandono dall'eterno mio fonte.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358