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      FAUST. Cederò io a te, forma di fuoco? Sì, io son desso: son Faust, - sono il tuo pari.
      LO SPIRITO. Nelle correntiFervide della vita,
      Nell'infinitaProcella degli eventi,
      Io sorgo e affondo,
      Spiro qua e là!
      Nascita e morte; un mareSenza riva né fondo,
      Un eterno mutare,
      Un viver che riposo
      Non ebbe mai, né avrà.
      Così sul rumorosoTelajo del tempo di mia man contesta
      È di Dio la visibile
      Inconsumabil vesta.
      FAUST. O tu che scorri l'ampio mondo, Spirito affaccendato, - quanto io mi sento simile a te!
      LO SPIRITO. (Sparisce.)
      FAUST (grandemente abbattuto). Non a te? e a chi dunque? Io, immagine di Dio, non pur simile a te? (Si ode picchiare.)
      Oh, desolazione! So chi è costui - egli è il mio coadiutore. Ecco mandatami a male la più bella ventura ch'io mi avessi mai. Tanta intensità di visione mi ha da essere distrutta da quest'arido stropiccione! (Wagner entra in veste da camera, berretta da notte e una lucerna in mano. Faust si rivolge dispettosamente da lui.)
      WAGNER. Scusatemi! - Io vi ho udito recitare; state voi a fortuna leggendo una tragedia greca? Io vorrei pur fare alcun profitto in declamazione, che oggidì è arte di grande effetto sugli animi. Ho udito magnificarla a cielo, e non di rado dire che un commediante potrebbe ammaestrare un parroco.
      FAUST. Sì certo, quando il parroco fosse un commediante, come ben può alle volte dare il caso.
      WAGNER. Oimé! l'uomo che si sta perpetuamente intanato nel suo studiolo e a pena vede un po' di mondo nei dì di feste, - e di lontano col cannocchiale; come potrebbe farsi atto a condurre gli uomini con la persuasione?


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Faust Dio Spirito Sparisce Dio Wagner