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      LA STREGA. Desidero che buon pro vi faccia quel centello.
      MEFISTOFELE. E s'io posso fare alcun servigio a te, non hai che a dirmene un motto alla Valpurba.
      LA STREGA. Togliete questa canzone, e cantatela di quando in quando, che ne proverete effetti singolari.
      MEFISTOFELE (a Faust). Orsù, vientene, e lasciati condurre da me. È necessario che tu traspiri affinchè il beveraggio ti faccia buon giuoco dentro e fuori. T'insegnerò di poi a godere di un nobile ozio; e per una allegria che ti sentirai germinare nel petto, conoscerai tosto come l'alato Cupido si agiti e saltelli in qua e in là.
      FAUST. Deh, lasciami gettare ancora uno sguardo nello specchio. Oh, era pur bella quella immagine!
      MEFISTOFELE. No, no: vieni, ché tu vedrai fra poco in carne e in ossa dinanzi a te il modello di tutte le donne. (Fra sé.) Con quel beverone in corpo tu vedrai tosto Elena in ogni femmina.
     
     
     
      Una via
     
     
      FAUST, MARGHERITA, passando.
     
      FAUST. Posso, quella bella signorina, darvi il braccio, e accompagnarvi?
      MARGHERITA. Io non sono né bella, né signorina, e so andare a casa da me. (Si scioglie da lui e vassene.)
      FAUST. In fe' del cielo, l'è una bella fanciulla colei! Non ne ho mai veduto una simile. Ell'è sì modesta, sì ritrosa, ed ha nel tempo medesimo non so che di saporito. Con quella sua boccuccia di rose, quelle sue lucide gotuzze, - oh, io non me la scorderò in tutta la vita! E quel suo gittar gli occhi a terra mi si è profondamente fitto nel cuore. E come le è montata subito la collera! fu proprio una delizia. (Mefistofele entra.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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