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      Egli è veramente insopportabile!
      LA BELLA. Vattene dunque, e non ci rompere più il capo con le tue ciance.
      PROCTOFANTASMISTA. Spiriti, io ve lo dico in faccia; io non so patire uno spirito soverchiatore; il mio spirito non soverchia mai. (Continua la danza.) Oggi, ben veggo, non ne verrai a capo in nessun modo; ma io sono pur sempre disposto a fare un viaggio, e spero ancora, prima ch'io sloggi dal mondo, di dare lo sfratto ai diavoli ed ai poeti.
      MEFISTOFELE. Egli va dritto dritto a sedersi in una pozzanghera, ché quest'è il suo quotidiano refrigerio, e quando le mignatte si sieno ben bene sfogate in succhiargli le natiche, egli è ad un tempo guarito degli spiriti e dello spirito. (A Faust, che è uscito di ballo.) Perché hai tu lasciato andare quella vezzosa fanciulla che danzando ti cantava sì dolcemente?
      FAUST. Ah! nel bel mezzo del canto le è schizzato di bocca un topolino rosso.
      MEFISTOFELE. Egli è assai semplice; e non bisogna stare così sulle sottigliezze: bastiti che il topo non fosse bigio. Chi può darsi fastidio di simili baje sul buono di appicare l'uncino?
      FAUST. Poi vidi...
      MEFISTOFELE. Che?
      FAUST. Mefisto, vedi tu là lontano una bella e smorta fanciulla, che si sta tutta sola in disparte? Ella si ritrae lenta lenta, e all'andare direbbesi che avesse i piedi ne' ceppi. In verità a me pare ch'ella somigli alla buona Margherita.
      MEFISTOFELE. Deh, lascia andare! ché non ne esce alcun bene. La è una figura magica, inanimata, un idolo. Male ne piglia a chi le si pone innanzi: quell'assiderato suo sguardo assidera il sangue, e l'uomo n'è rapidamente convcrtito in sasso.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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