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      Ti si prenderebbe facilmente per una fanciulla, eppure scommetterei che tu saresti già capace di far loro dar volta al cervello; sei stato alla loro scuola.
      IL FANCIULLO. E quegli che, personificando la magnificenza, pompeggia sul carro come un re in trono?
      L'ARALDO. Ei m'ha l'aria di un re possente e grazioso. Fortunato colui che sa cattivarsi il suo favore! A che ormai potrebbe egli aspirare? Il suo sguardo discerne e previene il bisogno; e la gioja che prova nel donare è più pura e più grande di quella che gli procura il possedere una tanta fortuna.
      IL FANCIULLO. Non limitarti a questo; pensa che ti si appartiene il descriverlo esattamente.
      L'ARALDO. La dignità non può essere descritta, bensì il suo viso fresco e rotondo come la luna piena, le sue guance dai vivi colori, e rigogliose di sotto al turbante, e il ricco drappeggiare della sua veste! Che dire poi della sua prestanza? Io credo ravvisare in lui un monarca.
      IL FANCIULLO. Desso è Plutone, il dio della ricchezza, che si reca qui in tutta la sua pompa, chiamato dai più caldi voti del grande imperatore.
      L'ARALDO. Ed ora informaci minutamente de' fatti tuoi.
      IL FANCIULLO. Io sono la Prodigalità, sono la Poesia, sono il poeta che scialacqua i suoi tesori soddisfacendo se stesso. Io pure sono immensamente ricco, e mi credo l'eguale di Plutone. Sono l'anima, l'onore delle sue feste ai suoi banchetti, e ciò che gli manca glielo do io.
      L'ARALDO. Riesci assai bene nella parte del fanfarone; ma vediamo un poco ciò che sai fare.
      IL FANCIULLO. Guardate, basta che io faccia scoppiettare le dita perché lampi e scintille guizzino intorno al carro.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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