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      Quanto a me, io non sono ancora così male in arnese; una bella donna è sempre appetibile; e poiché oggi non costa nulla voglio farne una spanciata. Ma siccome però in un luogo che rigurgita di gente, non tutte le parole sono intese a dovere, così tenterò di esprimermi il più chiaramente possibile colla pantomina e spero di riescirvi. Se le mani, i piedi, i gesti, non sono sufficienti, ebbene, ricorrerò a qualche gherminella: mi servirò dell'oro come se fosse umida creta, a cui si dà la forma che si vuole.
      L'ARALDO. Che cosa salta adunque in mente a questa stupida mummia? Quell'affamato pitocco vorrebbe forse fare dello spirito? Tutto l'oro diviene nelle sue mani una pasta molle. Come la rimesta e la spappola! E ciò malgrado non riesce a dargli che una forma ignobile. Ed ecco che si volta alle donne; ed esse strillano, si dimenano ignobilmente, e cercano di fuggire. Il mariuolo ha una brutta accoglienza, ed è facile che usi modi sconvenienti, e tali che io non potrei tacermi. Dammi adunque il mio bastone, ché io voglio scacciarlo.
      PLUTONE. Non sarà lui che affretterà i malanni che ci minacciano di fuori. Lascialo pure sbizzarrirsi da quel pazzo che è; gli mancherà il posto per le sue pasquinate. La legge è potente, ma più ancora la necessità.
      TUMULTO E CANTO. Drappelli di gente silvestre accorrono dall'alto dei monti, dal folto dei boschi, per festeggiare il loro gran dio Pane. Sanno dessi ciò che nessun altro sa; e si slanciano nel cerchio vuoto.
      PLUTONE. Io vi conosco, voi, il vostro gran dio Pane e le forti imprese che avete compiuto in sua compagnia!


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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