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      MEFISTOFELE. Col popolo pagano io non ho a che fare: ei sta a dimora nel suo speciale inferno... Tuttavia mi balena in mente un mezzo.
      FAUST. Parla, parla, t'ascolto.
      MEFISTOFELE. È un alto mistero, e te lo rivelo a malincuore. - Vi sono auguste dive il cui regno è la solitudine; intorno ad esse non v'è né spazio né tempo, e non si può parlare di esse senza sentirsi turbati. Sono le Madri.
      FAUST (sbigottito). Le Madri!
      MEFISTOFELE. Tu tremi!
      FAUST. Le Madri! le Madri! Che strano suono ha codesta parola!
      MEFISTOFELE. E pure esistono, codeste dee, ignote a voi mortali, e che noi nominiamo peritosi. Tu andrai in cerca della loro dimora per entro i profondi abissi. È colpa tua se abbiamo bisogno di loro.
      FAUST. Qual è la strada?
      MEFISTOFELE. Non ne esiste di tracciata; bisogna avventurarsi verso l'inaccessibile e l'impenetrabile per sentieri non ancora percorsi e che non lo saranno mai. Sei pronto? Non vi sono né serrature né catenacci da scassinare. Hai tu qualche idea del vuoto, della solitudine?
      FAUST. Potresti, mi pare, risparmiare simili discorsi che mi puzzan di streghe, e accennano a un tempo che non è più. Non mi fu forza aver commercio colla gente, apprendere che sia questo vuoto, ed istruirne alla mia volta gli altri? Se io parlavo allora assennatamente, e come la mente mi suggeriva, la contraddizione saltava doppiamente agli occhi; e perciò dovetti, per sottrarmi a colpi sì ributtanti, cercare un rifugio nella solitudine, nel deserto; e per non vivere così romito, così completamente obliato, darmi alfine al diavolo.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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