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      Taci, taci! che l'anima della regina presso a fuggire, rimanga ancora, e conservi le più belle forme che il sole abbia mai rischiarato!
      (Elena va rinsensando, e si rifà in piedi in mezzo al coro.)
      LA FORCIDE. Esci dai lievi vapori, splendido sole di questo giorno, tu che ci rapivi sebbene fossi velato, ed ora regna nella tua gloria sfolgoreggiante! Guarda tranquillo e sereno il mondo dilatarsi dinanzi ai tuoi occhi! Esse hanno un bel chiamarmi la schifosità, io però riconosco la bellezza.
      ELENA. Io esco fuori vacillando dal vuoto che mi circondava nella vertigine; vorrei ancora abbandonarmi al riposo; le mie membra sono stanche; ma le regine e gli uomini devono farsi animo e ricuperare le forze qualunque sia l'evento che li ha colpiti.
      LA FORCIDE. Tu ci stai dinanzi in tutta la tua maestà e bellezza; il tuo sguardo dice che hai comandato; che cosa comandi tu? Parla.
      ELENA. Si riacquisti il tempo perduto in arroganti litigi, e si compia con premura il sacrifizio ordinato dal re.
      LA FORCIDE. Ogni cosa è pronta, la coppa, il tripode, la scure aguzza; l'acqua lustrale, l'incenso: indicaci la vittima.
      ELENA. Il re non l'ha indicata.
      LA FORCIDE. Non te l'ha detto? O che pena!
      ELENA. Quale affanno ti stringe il cuore?
      LA FORCIDE. Regina, la vittima sei tu stessa!
      ELENA. Io?
      LA FORCIDE. E tutte costoro.
      IL CORO. O sventura e disperazione!
      LA FORCIDE. Tu cadrai sotto la scure.
      ELENA. Orrore! Ma io l'ho presentito, me infelice!
      LA FORCIDE. Ciò mi sembra inevitabile.
      IL CORO. Oh noi infelici! E qual è il nostro destino?


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Elena