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      Ivi diventano troni i fronzuti boschetti; e come in Arcadia saremo felici e liberi!
     
     
     
      Lunga prospettiva di grotte
     
     
      (Mutasi la scena. Lunga prospettiva di grotte da spesso fogliame ombreggiate e coperte; folte boscaglie che si stendono fin sulla cima delle rupi ergentisi all'intorno. Faust ed Elena non si vedono più. Il coro dorme sdraiato qua e là.)
     
      LA FORCIDE. Da quanto tempo queste donzelle dormono, non so. Hanno esse sognato ciò che io vidi chiaramente coi miei occhi, lo ignoro del pari, ed ecco perché voglio destarle. La giovane razza sarà certo sorpresa, e voi del pari, barbassori, che state seduti laggiù aspettando la spiegazione del prodigio. Su, su, alzatevi! scuotete le vostre trecce, scacciate il sonno dai vostri occhi, non li socchiudete ed ascoltatemi!
      IL CORO. Parla, narra, narra qual prodigio si è compiuto. Noi ascoltiamo con speciale diletto ciò che non possiamo credere; perché la continua vista di queste rocce ci annoja.
      LA FORCIDE. Avete appena aperto gli occhi, o fanciulle mie, che già vi annojate. Ascoltate: queste profondità, queste grotte, questo fogliame porsero asilo e protezione ad una coppia amorosa, da idillio, cioè al nostro signore ed alla nostra dama.
      IL CORO. Come mai? In questo luogo!
      LA FORCIDE. Separati dal mondo, essi chiamarono me sola per compiere per essi uffizi affatto pacifici. Così onorata, io stavo vicino a loro non occupandomi d'altro, come si conviene ad una confidente. M'aggiravo qua e là; cercavo radici, muschio, cortecce, essendomi note tutte le loro virtù; e così essi rimasero soli.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





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