Pagina (294/358)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Io conosco perfettamente questo terreno sebbene esso non sia al suo posto; perché, a dire il vero, questo era il fondo dell'inferno.
      FAUST. Tu non hai mai finito colle tue leggende; eccoti di nuovo a spacciarne delle altre strane e facete.
      MEFISTOFELE (con tono serio e grave). Allorché Dio, il Signore - so benissimo il perché - ci scacciò dalle regioni aeree nei profondi abissi, là dove in mezzo ad una fornace la fiamma eterna si consuma da se stessa, noi ci trovammo in una luce troppo viva, calcati gli uni sopra gli altri, ed in una posizione assai incomoda. Allora i diavoli cominciarono a tossire ed a sternutare dall'alto in basso; l'inferno si empì di puzze e di acidi solforosi. Quali esalazioni! era una cosa prodigiosa! In brevissimo tempo la crosta della terra, per quanto spessa e dura fosse, dovette scoppiare con gran fracasso. D'allora in poi tutto fu capovolto: ciò che un tempo era al basso, forma oggi la sommità. Da ciò alcuni tolsero la loro dottrina d'innalzare quanto è basso e di abbassare quanto è in alto, perocchè noi passammo allora dalla soffocante schiavitù dell'abisso all'assoluta sovranità dell'aria libera, mistero evidente e che fu così ben custodito, che non venne rivelato ai popoli se non molto tardi.
      FAUST. La massa delle montagne resta per me in nobile silenzio, non cerco né il come, né il perché. Quando la natura prese forma da sè stessa, essa arrotondò semplicemente il globo terrestre e si compiacque d'innalzare qui un picco, di scavare là un abisso, di appoggiare roccia contro roccia, monte contro monte; indi ordinò le facili colline, mitigandone il pendìo che digrada nella vallata.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Dio