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      E in tutti cresceva a gara l'ardire; vivere voleva dire combattere per difendersi. - Ma, via! le cose andavano avanti.
      FAUST. La cosa andò, zoppicò, si rialzò, cadde, e finì per fare un capitombolo, e andar tutto a soqquadro.
      MEFISTOFELE. In verità nessuno aveva il diritto di lagnarsi di uno stato simile di cose; ognuno voleva aver credito e l'otteneva; l'uomo il più abbietto si dava l'aria di un personaggio importante. Intanto, per venire alla conclusione, i migliori trovarono che la demenza diventava troppo grande; i valorosi si levarono con stizza e dissero: sovrano è colui che ci dà calma e riposo; l'imperatore non può darne e non vuole, scegliamo dunque un nuovo signore, facciamo risorgere l'impero; e mentre egli porgerà sicurezza a ciascuno, sposeremo la pace alla giustizia in un mondo rigenerato.
      FAUST. Ecco una tirata da sagristia.
      MEFISTOFELE. Erano appunto i preti che volevano mettere al sicuro il loro grosso ventre; essi erano più interessati degli altri. La ribellione rumoreggiava, e dopo aver posto buone radici scoppiò così che il nostro imperatore, che tempo fa abbiamo tanto divertito, si ritira in questi luoghi, per combattere forse la sua ultima battaglia.
      FAUST. Mi fa compassione, lui così buono e schietto!
      MEFISTOFELE. Vieni, osserviamo; chi vive deve sperare. Se lo cavassimo fuori da questa stretta vallata! Sia salvo questa volta, e lo sarà mille altre. D'altronde si sa forse come possano cadere i dadi? Che la fortuna gli sia propizia, ed egli avrà di nuovo vassalli.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358