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      Perché vuol egli errare nell'eterno vuoto? Ciò ch'egli sa, egli lo apprende senza rapirlo al cielo. Ch'egli cammini così durante il breve tempo chiamato vita, e se egli scorge nell'aere sereno degli spiriti vaganti prosegua egli la sua via senza meravigliarsene; egli troverà così la felicità ed il dolore, lui i cui istanti sono già anticipatamente condannati.
      L'AFFANNO. Se condanno un mortale agli strazi, egli non si cura più del mondo; la notte lo circonda, ed egli ignora le meraviglie dell'aurora, la porpora e l'oro dell'occaso. Mentre l'anima esulta di una suprema felicità la notte terribile, affannosa e prepotente scende, s'impossessa di quel povero cuore. Infelice, la sua vita intiera è un eterno sospiro. Egli non può godere i tesori della terra; la felicità e la sventura lo importunano del pari; nei conviti egli resta mal sazio; rimette all'indomani il duolo e la festa; l'avvenire solo lo preoccupa. Egli corre e caccia notte e giorno e l'occasione che passa non lo trova mai pronto.
      FAUST. Basta! basta! - Non potrai farti vanto di avermi preso al laccio, gioja mia! - Esci! - Non voglio udire più oltre la tua canzone! - Parti! La tua ingrata litania è tale da turbare il più sano cervello.
      L'AFFANNO. Egli non m'intende; che fare? devo io camminare più presto? oppure tocca forse a lui di fermarsi? Egli mi sembra indeciso. Dubita, teme ed il coraggio gli fa difetto, l'abisso si spalanca dinanzi a lui; vede il male che lo travolge; egli riconosce distintamente le sue angosce e le altrui, il respiro gli muore nella strozza.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358