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      L'infelice non sa e non può dire se in questo martirio l'anima sua dispera o crede ancora. L'indolenza, il rimorso, lo stento, la schiavitù, la libertà, breve sonno, amaro risveglio; così scorre per lui la vita, e compita la catena dei guai egli si vedrà cadere nell'averno.
      FAUST. E che? Spettri schifosi! è dunque fatal destino che voi tormentiate così la povera razza umana? che perseguitiate la nostra povera esistenza con tante orribili sciagure! Abbominati demoni che ci state sempre dinanzi, l'uomo cerca invano di difendersi da voi: ché lo avvinghiate sempre più forte, e non vi è forza né ardire che possano spezzare i vostri crudeli lacci. Eppure, o Affanno, per quanto grande possa essere il tuo potere, il mio spirito non vuoi riconoscerlo.
      L'AFFANNO. Non vuoi riconoscerlo? - E partendo io ti colpisco colla mia maledizione; essa ti sta già tremenda sul capo. Fra i ciechi mortali dovrai vivere cieco tu pure, o Faust. (Gli soffia nel viso.)
      FAUST (diventa cieco). La notte si fa sempre più scura e più profonda, ma la luce si spande sempre più viva sul cuore; ora sia il mio segreto palese al mondo, la parola ha solo senso per colui che l'ha concepita. Suvvia, su! miei servi, - all'opera! È giunta l'ora in cui si deve mostrare tutto quanto io volgevo nella mia mente. Olà, mano alla vanga! alle pale! alle picche! coraggio! siate solleciti ad obbedirmi, e ne avrete un giusto premio. Perché si veda compiuta la più grande e la più sublime delle imprese basta una mente ed un braccio solo per mille.


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Faust
di Johann Wolfgang Goethe
pagine 358

   





Affanno Faust