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      In vero, chi ravviserebbe come parti analoghe il braccio della talpa e quello della lepre? La forma di un organo può variare in differenti modi; notiamo dapprima i principali.
      L'osso può essere semplice, e anche solamente in istato rudimentale in un animale, mentre in un altro si troverà compiutamente sviluppato e perfetto quanto sia possibile. Così l'osso intermascellare di una cerva differisce talmente da quello di un leone, che, a primo aspetto, sembra che questi due ossi non si possano in nessun modo comparare fra loro.
      Un osso può essere sviluppato per un certo rispetto, mentre gli organi vicini, comprimendolo da tutte le parti, lo rendono deforme e irriconoscibile. Ciò è, per esempio, dei parietali nei mammiferi cornuti, comparati con quelli dell'uomo; ciò è pure dell'osso intermascellare del tricheco messo in parallelo con quello di un animale carnivoro.
      Quando un osso compie appuntino il suo ufficio, esso ha costantemente una forma più definita, più facile da comprendere, mentre non avviene lo stesso per quell'osso che sembri avere una massa più grande di ciò che le è strettamente necessario. In quest'ultimo caso pertanto l'osso si trova singolarmente modificato nella sua forma, ed è, come a dire, rigonfio. Cosi gli ossi piatti, nel bue e nel maiale, contengono dei seni che li rendono irriconoscibili, mentre sono ottimamente disegnati e perfettamente caratterizzati nei felini.
      Un'altra circostanza qualche volta sottrae interamente un osso al nostro sguardo: ciò avviene quando esso è saldato con un altro: questo interno attrae a sè una quantità maggiore di materia ossea che non sia quella assegnatagli dalla natura, e da ciò risulta che quell'osso a cui si trova unito ne rimane così fattamente povero, che dispare quasi interamente.


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Principi di filosofia zoologica e anatomia comparata
di Johann Wolfgang Goethe
Editore Perino Roma
1885 pagine 87