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      Un largo viale attraversava poi orizzontalmente «la Montagna» ed è più particolarmente lì che la gente veniva a passeggiare, formando due file che procedevano in senso inverso l'una dall'altra.
      Piaceva a Gvosdef di andare a zonzo per quel viale, di andare e di tornare insieme al pubblico, di sentirsi libero come tutti gli altri, di aspirare liberamente l'aria profumata dall'odore delle foglie, di muoversi a suo piacere, di far parte di qualche cosa di grande e di sentirsi l'eguale di tutti.
      Quel giorno, egli era un pochino brillo ed il suo volto butterato ed ardito aveva un'espressione benevola e socievole. Delle ciocche di capelli castagni si arricciavano sulla sua tempia sinistra e si rizzavano in alto: facevano graziosamente risaltare gli orecchi e si posavano elegantemente sull'orlo del berretto. Gvosdef aveva il suo aspetto spavaldo di robusto operaio, contento di sè stesso, pronto a cantare, a ballare, a fare a pugni, - secondo le circostanze - ed a bere qualche bicchierino di quello buono: sembrava che la natura, dandogli quelle ciocche ricciute, avesse voluto presentare al mondo Nicola Gvosdef come un giovanotto pieno di fuoco e conscio del proprio valore. Gettandosi attorno delle occhiate approvatrici, Gvosdef urtava in modo tutto pacifico i viandanti,i quali sopportavano quegli urti senza risentirsene; camminava sulle vesti delle signore, si scusava cortesemente, inghiottiva come tutti gli altri la sua porzione di densa polvere, e si sentiva felice e contento.
      Attraverso il fogliame, si vedeva, all'altro lato del fiume, nei prati, tramontare il sole.


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Il burlone - L'angoscia
di Maksim Gor'kij
Salvaore Romano Editore
1906 pagine 99

   





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