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      Una macchia, nel centro del disegno, rassomigliava molto alla testa della proprietaria della poltrona. Come all'epoca del contratto, quella testa, coi neri capelli arruffati, si dondolava con aria di rimprovero, e le labbra cadenti balbettavano, rivolte a lui, Tihon Pavlovitsc:
      - Abbi timore del buon Dio, padre! Il defunto Fiodor Pètrovitsc comprò questa poltrona poco prima della sua morte e la pagò diciotto rubli. È forse molto tempo che è morto? È un mobile del tutto nuovo e tu ne offri un rublo o mezzo!
      Anche il defunto Fiodor Petrovitso è lì, sul pavimento, con quella sua grossa testa piena di capelli, ed i grossi baffi, secondo l'uso dei Piccoli Russiani.
      - Abbi pietà di me, Signore! mormorò Tihon Pavlovitsc.
      Poi si alzò dalla poltrona, tolse i vasi di fiori dal davanzale della finestra, li posò a terra, e occupò il loro posto. Le ombre si disegnarono meglio e più nettamente sul pavimento.
      La calma e la melanconia regnavano dietro la finestra. Gli alberi del giardino, immobili, sembravano riuniti dalla notte in un muro compatto, dietro il quale pareva ci stesse qualcosa di spaventoso.
      E la ruota del mulino gocciolava con suono chiaro e monotono, come se misurasse il tempo. Gli steli lunghi delle malve che stavano sotto la finestra si dondolavano con moto sonnolento. Tihon Pavlovitsc si fece il segno della croce e chiuse gli occhi. Allora la sua immaginazione evocò lentamente quella storia della città, che l'aveva tanto disorientato.
      Nella via polverosa, invasa dai raggi ardenti del sole, un corteo funebre s'inoltra lentamente.


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Il burlone - L'angoscia
di Maksim Gor'kij
Salvaore Romano Editore
1906 pagine 99

   





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