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      I treni arrivavano e partivano, e tutto quel tumulto affaccentato della vita ferroviaria pareva un pò vano a Tihon Pàvlovitsc, senza ragione plausibile, senza necessità. Perchè dimenarsi tanto e darsi tanta pena, mandare tanto e ricevere tanto, se tutti gli uomini, giunto il loro momento, morranno? E poteva essere anche domani... Sarebbe stato meglio preoccuparsi di più del proprio riposo.. E il mugnaio sentì di nuovo il bisogno di un riposo profondo, sonnolente, senza pensieri, e senza cure. E questo desiderio lo trascinava. Allora egli tornò ad agirarsi per la città, calmo ed indifferente a tutto, ora, eccetto a quanto gli si agitava confusamente nell'animo, che gli era incomprensibile e che gl'impediva di vivere.
      Le vie erano silenziose e oscure. I becchi del gas, non si sa perchè, non erano stati ancora accesi, e la luna cominciava a mostrarsi. Alcuni lembi di nuvole passavano rapidi nel cielo, e dense ombre strisciavano sul selciato e sui muri delle case. L'aria era pregna di vapori soffocanti, dell'odore acuto del fogliame bagnato, della terra riscaldata e di quell'odore pesante così comune alle città. Passando al disopra dei giardini, il vento scuoteva i rami degli alberi producendo un debole e dolce fruscio. Quel mormorio e le ombre delle nuvole gettavano su ogni cosa una tinta di melanconia e di stanchezza. La via era stretta, deserta e come oppressa da quel silenzio pensieroso, e il roteare sordo di qualche vettura risuonava in quella calma con una tracotante insolenza.


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Il burlone - L'angoscia
di Maksim Gor'kij
Salvaore Romano Editore
1906 pagine 99

   





Tihon Pàvlovitsc