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      Portava delle scarpe di feltro e dei larghi calzoni di velluto di cotone, consumati sui ginocchi. Doveva essere certamente sulla cinquantina, ma i suoi occhi lo ringiovanivano. Egli squadrò Tihon Pavlovitsc e gli passò dinanzi per andare nella camera lunga.
      - Dunque, voi siete il mercante? disse egli quando vide che il mugnaio entrava dietro di lui.
      - Sono io...
      - Mescetemi un bicchierino.
      - Volentieri.
      - E avvicinatelo.
      - Ecco.
      Il mugnaio mescè dell'acquavite, la portò alle labbra del mutilato, e questi, aspirando l'aria, vuotò d'un fiato tutto il contenuto fino all'ultima goccia con un fischio del tutto speciale.
      - Desiderate qualche antipasto?
      - Non ne prendo mai dopo il primo bicchierino.
      - Devo mescervene dell'altro
      - Grazie...
      Parlava a voce alta, metallica, e, dopo i due bicchierini, i suoi occhi brillarono più vividamente, mentre il viso si coloriva di chiazze rosse. Tihon Pàvlovitsc gli diede un pezzo di pane con un pesce qualunque; l'altro lo prese con le labbra, sedette sul divano, abbassò la testa verso la tavola, posò il tutto sull'orlo della stessa, e, col collo inclinato, mangiò. Mordendo, sporgeva in avanti il labbro inferiore, impedendo così al cibo di cadere a terra. Tihon Pavlovitsc lo guardava e aveva pietà di quel povero disgraziato.
      - Com'è successo che le braccia... chiese egli in tono compassionevole.
      - In un modo semplicissimo: fui preso, essendo ubbriaco, nella correggia di trasmissione. Rimasi tre mesi all'ospedale, ed eccomi ridotto allo stato di mendicante.
      Il mutilato raccontò ciò rapidamente, intanto che esaminava minutamente il mugnaio.


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Il burlone - L'angoscia
di Maksim Gor'kij
Salvaore Romano Editore
1906 pagine 99

   





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