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      Inoltre: nella campagna l'intellettuale (prete, avvocato, maestro, notaio, medico, ecc.) ha un medio tenore di vita superiore o almeno diverso da quello del medio contadino e perciò rappresenta per questo un modello sociale nell'aspirazione a uscire dalla sua condizione e a migliorarla. Il contadino pensa sempre che almeno un suo figliolo potrebbe diventare intellettuale (specialmente prete), cioè diventare un signore, elevando il grado sociale della famiglia e facilitandone la vita economica con le aderenze che non potrà non avere tra gli altri signori. L'atteggiamento del contadino verso l'intellettuale è duplice e pare contradditorio: egli ammira la posizione sociale dell'intellettuale e in generale dell'impiegato statale, ma finge talvolta di disprezzarla, cioè la sua ammirazione è intrisa istintivamente da elementi di invidia e di rabbia appassionata. Non si comprende nulla della vita collettiva dei contadini e dei germi e fermenti di sviluppo che vi esistono se non si prende in considerazione, non si studia in concreto e non si approfondisce, questa subordinazione effettiva agli intellettuali: ogni sviluppo organico delle masse contadine, fino a un certo punto, è legato ai movimenti degli intellettuali e ne dipende.
      Altro è il caso per gli intellettuali urbani: i tecnici di fabbrica non esplicano nessuna funzione politica sulle loro masse strumentali, o almeno è questa una fase già superata; talvolta avviene proprio il contrario, che le masse strumentali, almeno attraverso i loro propri intellettuali organici, esercitano un influsso politico sui tecnici.


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299