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      Assurdo pensarlo per le grandi masse. Il Vaticano stesso si accorge come sia contraddittorio voler introdurre il Cristianesimo nei paesi orientali in cui viene introdotto il capitalismo: gli orientali ne vedono l'antagonismo che nei nostri paesi non si vede perché il Cristianesimo si è adattato molecolarmente ed è diventato gesuitismo, cioè una grande ipocrisia sociale: da ciò le difficoltà dell'opera delle missioni e lo scarso valore delle conversioni, d'altra parte molto limitate.
      In realtà la difficoltà piú tragica per l'Islàm è data dal fatto che una società intorpidita da secoli di isolamento e da un regime feudale imputridito (naturalmente i signori feudali non sono materialisti!!) è troppo bruscamente messa a contatto con una civiltà frenetica che è già nella sua fase di dissoluzione. Il Cristianesimo ha impiegato nove secoli a evolversi e ad adattarsi, lo ha fatto a piccole tappe, ecc. L'Islàm è costretto a correre vertiginosamente. Ma in realtà esso reagisce proprio come il Cristianesimo: la grande eresia su cui si fonderanno le eresie propriamente dette è il «sentimento nazionale» contro il cosmopolitismo teocratico. Appare poi il motivo del ritorno alle «origini» tale e quale come nel Cristianesimo: alla purezza dei primi testi religiosi contrapposta alla corruzione della gerarchia ufficiale: i Wahabiti rappresentano proprio questo e il Sirdar Ikbal Ali Shah spiega con questo principio le riforme di Kemal Pascià in Turchia: non si tratta di «novità» ma di un ritorno all'antico, al puro, ecc.


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299

   





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