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      Eppoi: la lingua è morta, è analizzata come una cosa inerte, come un cadavere sul tavolo anatomico, ma rivive continuamente negli esempi, nelle narrazioni. Si potrebbe fare lo stesso studio con l'italiano? Impossibile: nessuna lingua viva potrebbe essere studiata come il latino: sarebbe e sembrerebbe assurdo. Nessuno dei fanciulli conosce il latino quando ne inizia lo studio con quel tal metodo analitico. Una lingua viva potrebbe esser conosciuta e basterebbe che un solo fanciullo la conoscesse, per rompere l'incanto: tutti andrebbero alla scuola Berlitz, immediatamente. Il latino si presenta (cosí come il greco) alla fantasia come un mito, anche per l'insegnante. Il latino non si studia per imparare il latino; il latino, da molto tempo, per una tradizione culturale-scolastica di cui si potrebbe ricercare l'origine e lo sviluppo, si studia come elemento di un ideale programma scolastico, elemento che riassume e soddisfa tutta una serie di esigenze pedagogiche e psicologiche; si studia per abituare i fanciulli a studiare in un determinato modo, ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere che continuamente si ricompone in vita, per abituarli a ragionare, ad astrarre schematicamente pur essendo capaci dall'astrazione a ricalarsi nella vita reale immediata, per vedere in ogni fatto o dato ciò che ha di generale e ciò che di particolare, il concetto e l'individuo. E cosa non significa educativamente il continuo paragone tra il latino e la lingua che si parla?


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299

   





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