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      È da avvicinare anche al modo di pensare del Gentile per ciò che riguarda l'insegnamento religioso nelle scuole primarie. Pare si tratti di uno pseudo-storicismo, di un meccanicismo abbastanza empirico e molto vicino al piú volgare evoluzionismo. Si potrebbe ricordare ciò che dice Bertrando Spaventa a proposito di quelli che vorrebbero tenere sempre gli uomini in culla (cioè nel momento dell'autorità, che pure educa alla libertà i popoli immaturi) e pensano tutta la vita (degli altri) come una culla. Mi pare che storicamente il problema sia da porre in altro modo: se, cioè, una nazione o un gruppo sociale che è giunto a un grado superiore di civiltà non possa (e quindi debba) «accelerare» il processo di educazione dei popoli e dei gruppi sociali piú arretrati, universalizzando e traducendo in modo adeguato la sua nuova esperienza. Cosí quando gli inglesi arruolano reclute tra popoli primitivi, che non hanno mai visto un fucile moderno, non istruiscono queste reclute all'impiego dell'arco, del boomerang, della cerbottana, ma proprio le istruiscono al maneggio del fucile, sebbene le norme di istruzione siano necessariamente adattate alla «mentalità» di quel determinato popolo primitivo. Il modo di pensare implicito nella risposta del Labriola non pare pertanto dialettico e progressivo, ma piuttosto meccanico e retrivo, come quello «pedagogico-religioso» del Gentile che non è altro che una derivazione del concetto che la «religione è buona per il popolo» (popolo = fanciullo = fase primitiva del pensiero cui corrisponde la religione ecc.


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299

   





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