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      Pare che prima di ogni altra cosa occorra «disegnare» la mappa intellettuale e morale del paese, cioè circoscrivere i grandi movimenti d'idee e i grandi centri (ma non sempre ai grandi movimenti corrispondono grandi centri, almeno coi caratteri di visibilità e di concretezza che di solito si attribuisce a questa parola e l'esempio tipico è il centro cattolico). Occorre poi tener conto delle spinte innovatrici che si verificano, che non sempre sono vitali, cioè hanno una conseguenza, ma non perciò devono essere meno seguite e controllate. Intanto all'inizio un movimento è sempre incerto, di avvenire dubbio, ecc.; bisognerà attendere che abbia acquistato tutta la sua forza e consistenza per occuparsene? Neanche è necessario che esso sia fornito delle doti di coerenza e di ricchezza intellettuale: non sempre sono i movimenti piú coerenti ed intellettualmente ricchi quelli che trionfano. Spesso anzi un movimento trionfa proprio per la sua mediocrità ed elasticità logica: tutto ci può stare, i compromessi piú vistosi sono possibili e questi appunto possono essere ragioni di trionfo. Leggere le riviste dei giovani oltre quelle che si sono già affermate e rappresentano interessi seri e ben certi. Nell'«Almanacco letterario» Bompiani del 1933 (pp. 360-361) sono indicati i programmi essenziali di sei riviste di giovani che dovrebbero rappresentare le spinte di movimento della nostra cultura: «Il Saggiatore», «Ottobre», «Il Ventuno», «L'Italia vivente», «L'Orto», «Espero» che non paiono molto perspicue, eccetto forse qualcuna.


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299

   





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