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      Questo spoglio dovrebbe essere molto minuzioso e circostanziato, poiché occorre tener presente che attraverso questo lavoro e questa elaborazione critica sistematica si può solo raggiungere la fonte autentica di tutta una serie di concetti errati che circolano senza controllo e censura. Occorre tener presente che in ogni regione italiana, data la ricchissima varietà di tradizioni locali, esistono gruppi e gruppetti caratterizzati da motivi ideologici e psicologici particolari: «ogni paese ha o ha avuto il suo santo locale, quindi il suo culto e la sua cappella».
      La elaborazione nazionale unitaria di una coscienza collettiva omogenea domanda condizioni e iniziative molteplici. La diffusione da un centro omogeneo di un modo di pensare e di operare omogeneo è la condizione principale, ma non deve e non può essere la sola. Un errore molto diffuso consiste nel pensare che ogni strato sociale elabori la sua coscienza e la sua cultura allo stesso modo, con gli stessi metodi, cioè i metodi degli intellettuali di professione. L'intellettuale è un «professionista» (skilled), che conosce il funzionamento di proprie «macchine» specializzate; ha un suo «tirocinio» e un suo «sistema Taylor». È puerile e illusorio attribuire a tutti gli uomini questa capacità acquisita e non innata, cosí come sarebbe puerile credere che ogni manovale può fare il macchinista ferroviario. È puerile pensare che un «concetto chiaro», opportunamente diffuso, si inserisca nelle diverse coscienze con gli stessi effetti «organizzatori» di chiarezza diffusa: è questo un errore «illuministico». La capacità dell'intellettuale di professione di combinare abilmente l'induzione e la deduzione, di generalizzare senza cadere nel vuoto formalismo, di trasportare da una sfera a un'altra di giudizio certi criteri di discriminazione, adattandoli alle nuove condizioni ecc., è una «specialità», una «qualifica», non è un dato del volgare senso comune.


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299

   





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