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      Tra le lettere (4a sezione) quella indirizzata alla «Gazzetta di Mantova» a proposito del pellegrinaggio alla tomba di Vittorio Emanuele II (nella «Gazzetta di Mantova» del 29 novembre 1883). L'Ardigò aveva accettato di far parte di un comitato promotore del pellegrinaggio. «Il pellegrinaggio però non andava ai versi a molti scalmanati rivoluzionari, che si erano immaginati che io la pensassi come loro e quindi sconfessassi la mia fede politico-sociale colla suddetta adesione. E cosí si espressero privatamente e pubblicamente colle piú fiere invettive al mio indirizzo». Le lettere dell'Ardigò sono enfatiche ed altisonanti: «Ieri, perché tornava loro conto di farmi passare per uno dei loro, che non sono mai stato (e lo sanno o devono saperlo), mi proclamarono, con lodi che mi facevano schifo, il loro maestro; e ciò senza intendermi o intendendomi a rovescio. Oggi, perché non mi trovano pronto a prostituirmi alle loro mire parricide, vogliono pigliarmi per un orecchio perché ascolti e impari la lezione che (molto ingenuamente) si arrogano di recitarmi. Oh! quanto ho ragione di dire con Orazio: Odi profanum vulgus et arceo!».
      In una successiva lettera del 4 dicembre 1883 al «Bacchiglione», giornale democratico di Padova, scrive: «Come sapete fui amico di Alberto Mario; ne venero la memoria e caldeggio con tutta l'anima quelle idee e quei sentimenti che ebbi comuni con lui. E conseguentemente avverso senza esitazione le basse fazioni anarchiche antisociali... Tale mia avversione l'ho sempre espressa recisissimamente.


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Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura
di Antonio Gramsci
pagine 299

   





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