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      I Sepolcri devono essere considerati come la maggiore «fonte» della tradizione culturale retorica che vede nei monumenti un motivo di esaltazione delle glorie nazionali. La «nazione» non è il popolo, o il passato che continua nel «popolo», ma è invece l'insieme delle cose materiali che ricordano il passato: strana deformazione che poteva spiegarsi ai primi dell'800 quando si trattava di svegliare delle energie latenti e di entusiasmare la gioventú, ma che è appunto «deformazione» perché è diventato puro motivo decorativo, esteriore, retorico (l'ispirazione dei sepolcri non è nel Foscolo simile a quella della cosí detta poesia sepolcrale: è un'ispirazione «politica», come egli stesso scrive nella lettera al Guillon).
      Gli «umili». Questa espressione – «gli umili» – è caratteristica per comprendere l'atteggiamento tradizionale degli intellettuali italiani verso il popolo e quindi il significato della «letteratura per gli umili». Non si tratta del rapporto contenuto nell'espressione dostoievschiana di «umiliati e offesi». In Dostojevskij c'è potente il sentimento nazionale-popolare, cioè la coscienza di una missione degli intellettuali verso il popolo che magari è «oggettivamente» costituito di «umili» ma deve essere liberato da questa «umiltà», trasformato, rigenerato. Nell'intellettuale italiano l'espressione di «umili» indica un rapporto di protezione paterna e padreternale, il sentimento «sufficiente» di una propria indiscussa superiorità, il rapporto come tra due razze, una ritenuta superiore e l'altra inferiore, il rapporto come tra adulti e bambini nella vecchia pedagogia e peggio ancora un rapporto da «società protettrice degli animali», o da esercito della salute anglosassone verso i cannibali della Papuasia.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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