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      Dall'articolo su Cena stralcio qualche brano: «Nato nel 1870, morto nel 1917, Giovanni Cena ci appare come una figura rappresentativa del movimento intellettuale che la parte migliore della nostra borghesia compí al rimorchio delle nuove idee che venivano di Francia e di Russia; con un apporto personalmente piú amaro ed energico, causato dalle origini proletarie (! o contadine?) e dagli anni di miseria. Autodidatta uscito per miracolo dall'abbrutimento del lavoro paterno e del natio paesello, Cena entrò inconsciamente nella corrente che in Francia – proseguendo una tradizione (!) derivata (!) da Proudhon via via (!) attraverso Vallès e i comunardi sino ai Quatre évangiles zoliani, all'affare Dreyfus, alle Università popolari di Daniel Halévy e che oggi continua in Guéhenno (!) (piuttosto in Pierre Dominique e in altri) – fu definita come l'andata al popolo (il Cajumi trasporta nel passato una parola d'ordine odierna, dei populisti; nel passato tra popolo e scrittori in Francia non ci fu mai scissione dopo la Rivoluzione francese e fino a Zola: la reazione simbolista scavò un fosso tra popolo e scrittori, tra scrittori e vita e Anatole France è il tipo piú compiuto di scrittore libresco e di casta). Il nostro (Cena) veniva dal popolo, di qui l'originalità (!) della sua posizione, ma l'ambiente della lotta era sempre lo stesso, quello dove si affermò il socialismo di un Prampolini. Era la seconda generazione piccolo-borghese dopo l'unità italiana (della prima ha scritto magistralmente la cronistoria Augusto Monti nei Sansoussî), estranea alla politica delle classi conservatrici dominanti, in letteratura piú connessa al De Amicis o allo Stecchetti che al Carducci, lontana da d'Annunzio, e che preferirà formarsi su Tolstoi, considerato piuttosto come pensatore che quale artista, scoprirà Wagner, crederà vagamente ai simbolisti, alla poesia sociale (simbolisti e poesia sociale?


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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