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      In realtà questa gente si infischia della letteratura e della poesia, della cultura e dell'arte: esercita la professione di sacrestano letterario e nulla piú.
      [Secentismo dell'attuale poesia.] Che una parte della attuale poesia sia «puro secentismo» appare per confessione spontanea di alcuni critici ortodossi di essa. Per esempio Aldo Capasso in un suo saggio su Ungaretti (brano citato in «Leonardo» del marzo 1934) scrive: «L'aura attonita non potrebbe formarsi, se il poeta fosse meno laconico». L'«aura attonita» richiama la famosa definizione che «del poeta il fine è la maraviglia». Si può notare tuttavia che il secentismo classico, purtroppo, è stato popolare e continua ad esserlo tuttora (è noto come all'uomo del popolo piacciano le acrobazie d'immagini in poesia), mentre il secentismo attuale è popolare fra gli intellettuali puri.
      L'Ungaretti ha scritto che le sue poesie piacevano ai suoi compagni di trincea «del popolo», e può esser vero: piacere di carattere particolare legato al sentimento che la poesia «difficile» (incomprensibile) deve esser bella e l'autore un grande uomo appunto perché staccato dal popolo e incomprensibile: ciò avvenne anche per il futurismo ed è un aspetto del culto popolare per gli intellettuali (che in verità sono ammirati e disprezzati nello stesso tempo).
      [Letterati puri.] Il popolo (ohibò!), il pubblico (ohibò!). I politici d'avventura domandano con cipiglio di chi la sa lunga: «Il popolo! Ma cos'è questo popolo? Ma chi lo conosce? Ma chi l'ha mai definito?


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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