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      Re Vittorio era di molta buona bocca come avrebbe potuto attestare la bella Rosina, che fu poi contessa di Mirafiori», e via di questo tono fino a ricordare che i propositi galanti (!) del re alla corte delle Tuglierí (sic) furono cosí audaci «che tutte le dame ne rimasero amabilmente (!) atterrite. Quel forte, magnifico Re montanaro!» (Il Panzini si riferisce agli aneddoti raccontati dal Paleologue, ma che differenza di tòcco. Il Paleologue, pur data la materia scabrosa, mantiene il tono del gentiluomo cortigiano: il Panzini non sa evitare il linguaggio del lenone da trivio, del commerciante in tratta delle bianche). «Cavour era assai piú raffinato. Cavallereschi però tutti e due, e oserei (!) dire, romantici (!)». «Massimo D'Azeglio... da quel gentiluomo delicato che era...».
      L'accenno del Panzini, di cui si parla a p. 37 e che gli attirò i fulmini... confinari del «Resto del Carlino» è contenuto nella seconda puntata della Vita di Cavour edizione «Italia Letteraria» (numero del 16 giugno) ed è bene riportarlo perché sarà stato cassato o modificato nell'ed. Mondadori: «Non ha bisogno di assumere atteggiamenti specifici. Ma in certi momenti doveva apparire meraviglioso e terribile. L'aspetto della grandezza umana è tale da indurre negli altri ubbidienza e terrore, e questa è dittatura piú forte che non quella di assumere molti portafogli nei ministeri».
      Pare incredibile che una tale frase sia potuta sfuggire al pavido Panzini ed è naturale che il «Resto del Carlino» l'abbia beccato.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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