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      È da notare come gli scrittori della «Civiltà Cattolica» se lo tengono diletto, lo vezzeggiano, lo coccolano e lo difendono da ogni accusa di poca ortodossia. Frasi di Papini contenute nel libro su S. Agostino e che mostrano la tendenza al secentismo (i gesuiti furono spiccati rappresentanti del secentismo): «quando si dibatteva per uscire dalle cantine dell'orgoglio a respirare l'aria divina dell'assoluto», «salire dal letamaio alle stelle» ecc. Papini si è convertito non al cristianesimo, ma propriamente al gesuitismo (si può dire, del resto, che il gesuitismo, col suo culto del papa e l'organizzazione di un impero assoluto spirituale, è la fase piú recente del cristianesimo cattolico).
      Il cattolicismo atteggia lo stile del Papini. Non dirà piú «sette» ma «quanti sono i peccati capitali»: «Non già che mancassero traduzioni italiane del capo d'opera goethiano: il Manacorda ne ha tenute presenti, fra integre e no, tante quanti sono i peccati capitali» (Il Faust svelato in «Corriere della Sera» del 26 aprile 1932).
      G. Papini, quando voleva far venire i vermi ai filistei italiani, nel 1912-13, scrisse in «Lacerba», l'articolo Gesú Peccatore, sofistica raccolta di aneddoti e di sforzate congetture tratte dagli Evangeli apocrifi. Per questo articolo pareva dovesse subire un'azione giudiziaria, con grande suo spavento. Aveva sostenuto come plausibile e probabile l'ipotesi di rapporti omosessuali tra Gesú e Giovanni. Nel suo articolo su Cristo romano, nel volume Gli operai della vigna, con gli stessi procedimenti critici e lo stesso «vigore» intellettuale, sostiene che Cesare è un precursore di Cristo, fatto nascere a Roma dalla Provvidenza per preparare il terreno al cristianesimo.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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