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      Proudhon ha fatto un mito, umano e vivente, di questi poveri (!) interessi. In me l'ammirazione per Proudhon è piuttosto sentimentale, d'istinto, come un affetto e un rispetto, che io ho ereditato, che mi sono stati trasmessi nascendo. In Jahier è tutta di intelletto, derivata dallo studio, perciò (!) profondissima».
      Questo signor Giuseppe Raimondi era un discreto poseur con la sua «ammirazione ereditata»; aveva trovato uno dei cento modi di distinguersi nella gioventú letterata odierna; ma da qualche anno non se ne sente piú parlare. (Bolognese: collabora con L. Longanesi nell'«Italiano», poi viene violentemente e sprezzantemente diffidato dal Longanesi, «rondista»).
      Enrico Corradini. È stata ristampata nel 1928 nella Collezione teatrale Barbera la Carlotta Corday di E. Corradini, che nel 1907 o 8, quando fu scritta, ebbe accoglienze disastrose e [fu] ritirata dalle scene. Il Corradini stampò il dramma con una prefazione (anch'essa ristampata nella ed. Barbera) in cui accusava del disastro un articolo dell'«Avanti!» che aveva sostenuto il Corradini aver voluto diffamare la rivoluzione francese. La prefazione del Corradini deve essere interessante anche dal punto di vista teorico, per la compilazione di questa rubrica del brescianesimo, perché il Corradini sembra far distinzione fra «piccola politica» e «grande politica» nelle «tesi» contenute nei lavori d'arte. Naturalmente per il Corradini, la sua essendo «grande politica», l'accusa di «politicantismo» in sede artistica non potrebbe essere elevata contro di lui.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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