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      [La lingua in Dante.] Importanza dello scritto di Enrico Sicardi La lingua italiana in Dante, edito a Roma dalla Casa Ed. «Optima» con prefazione di Francesco Orestano. Ne ho letto la recensione di G. S. Gargąno (La lingua nei tempi di Dante e l'interpretazione della poesia) nel «Marzocco» del 14 aprile 1929. Il Sicardi insiste sulla necessitą di studiare le «lingue» dei vari scrittori, se si vuole interpretare esattamente il loro mondo poetico. Non so se tutto ciņ che il Sicardi scrive sia esatto e specialmente se sia possibile «storicamente» lo studio delle «particolari» lingue dei singoli scrittori, dato che manca un documento essenziale: una vasta testimonianza della lingua parlata nei tempi dei singoli scrittori. Tuttavia il richiamo metodologico del Sicardi č giusto e necessario (ricordare nel libro del Vossler, Idealismo e positivismo sullo studio della lingua, l'analisi estetica della favola di La Fontaine sul corvo e la volpe e l'erronea interpretazione di «son bec» dovuta all'ignoranza del valore storico di «son»).
      Del Bartoli, Quistioni linguistiche e diritti nazionali, discorso tenuto all'inaugurazione dell'anno accademico torinese 1934, pubblicato nel 1935 (vedi nota in «Cultura» dell'aprile 1935). Pare dalla nota che il discorso sia molto discutibile per alcune parti generali: per esempio l'affermazione che «l'Italia dialettale č una e indivisibile».
      Notizie sull'Atlante linguistico pubblicate in due numeri di un Bollettino.
      VI. Osservazioni sul folcloreOsservazioni sul folclore


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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