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      «Il piccolo santo» di Bracco al Carignano. Il piccolo santo è veramente piú creatura di Ruggeri che di Bracco; seguendo l'artista in tutto il sottile lavorio col quale egli riesce a plasmare atto per atto, parola per parola il carattere di don Fiorenzo, anche nelle sue piú evanescenti sfumature (che spesso sono le piú significative), pare impossibile immaginare un altro interprete, e una vita dell'opera all'infuori di questa cornice e di questi scenari. La suggestione è cosí avvincente che non si bada a tutto il resto, né all'incertezza che può essere stata cagionata dalla scomparsa di un attore misurato ed efficace come il Bonafini, né all'insufficienza di qualche altro.
      Nelle repliche che certo si succederanno con la stessa fortuna, molti di questi inconvenienti spariranno, e l'insieme dello spettacolo sarà ancor piú perfetto.
      (13 febbraio 1916).
      «Il poeta e la signorina» di Berrini all'Alfieri. La compagnia della Galli ha ridato la commedia di Nino Berrini Il poeta e la signorina, e pare voglia ancora replicarla, quantunque l'accoglienza non sia stata molto calorosa. Se Ferdinando Martini si occupasse ancora di queste bazzecole e si ponesse di nuovo la questione del perché non esiste un teatro nazionale italiano, gli si potrebbe rispondere, prendendo le mosse dall'ultima produzione, che il difetto d'origine è l'insincerità degli autori, specialmente giovani. La mancanza di un genio può spiegare il non sorgere di capolavori. Ma il teatro non si nutre solo di capolavori, e questi d'altronde non paiono sfungare con molta frequenza neanche fuori d'Italia.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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