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      Quando il Carignano era ancora esercíto dal municipio, si facevano con le migliori compagnie dei contratti speciali che permettevano ai torinesi di sapere dove poter recarsi spendendo utilmente i propri quattrini. Il municipio si interessava di regolar lui la bilancia di tutte le attività cittadine; faceva ciò che dovrebbe fare ogni ente comunale che si rispetti, che prevede e provvede nella misura del possibile, a tutti i bisogni degli amministrati.
      In seguito Torino si è abbiosciata, ha perduto completamente ogni fisionomia intellettuale. È diventata ormai, per quanto riguarda i teatri, una sezione del gran feudo del trust, che fa e disfà, ordina e scompone a seconda dei suoi interessi immediati, e quasi sempre, come avviene, anche contro i suoi interessi, per incapacità industriale e ristretta visione delle cose.
      E cosí mentre città, non solo come Milano e Roma, ma anche come Bologna, Genova, Firenze, hanno completa la loro vita cittadina, da noi bisogna accontentarsi delle scemenze vernacole del parco Michelotti, o delle recite da circo equestre del Vittorio Emanuele. Naturalmente poi i benpensanti finiranno col domandare che un decreto luogotenenziale limiti e magari espella l'esercito di canzonettiste che ha invaso tutti i locali disponibili della città. Perché da noi si batte sulle dita dei bimbi che fan le bizze, e si fa la casistica del permesso e del proibito, ma non si cerca mai di dare le possibilità affinché i bisogni che trovano nella bizza o nel pervertimento l'unico loro sfogo, possano invece incanalarsi nei diritti e naturali loro alvei.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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