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      La figliolina di Maria Bini non è morta, sebbene non sia viva nello stato civile, avendola il padre snaturato privata della sua identità sociale registrata e autenticata. Vive dunque, veste panni, e frequenta la classe proprio dove sua madre è maestra. Ma quale bimbetta sarà dessa? Il mistero dà luogo a una scena impeccabilmente commoventissima, nella quale si contempla la signorina Maria Bini che abbraccia freneticamente un mucchio di testine bionde e brune, tra le quali non può non esserci la testina di una figlia del mistero, del peccato, e della delinquenza piú snaturata e cocciuta.
      Il seduttore Giacomo Macchia sta ritto, cinicamente indifferente e muto, innanzi al conte Filippo. Nega tutto, lo sciagurato impudente. Un articolo di codice, un mandato di cattura per manomissione di stato civile, un delegato di P. S. che pronunzia le sacramentali parole: in nome della legge, vi dichiaro in arresto. Giacomo Macchia la molla. La bambina viene identificata. Ella si presenta alla mamma sua e pronunzia alcune di quelle frasi innocenti che fanno cosí bene al cuore dopo aver visto sbavare un rettile del volume e della lunghezza di Giacomo Macchia. Maria Bini rimarrà con la sua creatura, e il conte Filippo sarà il loro angelo tutelare, non avendo potuto essere il rispettivo consorte e padre adottivo.
      Tre atti: autore, Dario Niccodemi: titolo La maestrina, interpreti: Tina Di Lorenzo e Armando Falconi, nelle due parti principali, il Migliara e la Donadoni in due parti secondarie. Metodo per la mozione degli affetti: il vecchio metodo bernsteiniano di far culminare l'atto in una scena patetica che ammollisce il cuore.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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