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      (23 maggio 1918).
      «La dame de chambre» di Gandera al Carignano. Una commedia dell'intossicamento sessuale, come tante altre che furono e che saranno. Il sesso rimane, e rimarrà ancora per un pezzo, la preoccupazione maggiore della nostra società (della società costituita, della società che non lavora o può non lavorare), l'enigma insolubile: i lettori e i commediografi girano intorno alla Sfinge, claudicanti Edipi, e non potendo penetrare descrivono, ripetono, condiscono con qualche nuova droga piccante.
      Il Gandera è dei meno noiosi scrittori di pochades: non esce dal puro meccanismo, dall'esteriorità descrittiva del brivido carnale, ma non cade nella sguaiataggine, o almeno non vi cade troppo spesso: lavora con coscienza, porta a ripulitura i suoi prodotti. Il genere si perfeziona: il mercato è piú esigente: la vita, ahimè, diventa ogni giorno piú difficile e seminata di triboli.
      Il Gandera ha complicato sessualmente il vecchio spunto novellistico della moglie che si sostituisce all'amante del marito: un orario delle ferrovie gli è servito da trampolino. Un marito non impartisce piú alla moglie la razione legittima di felicità coniugale. Di chi la colpa? Del marito o della moglie? La moglie vorrebbe uscire dal dilemma dilacerante: il Gandera le viene in aiuto. Il marito si incapriccia della cameriera (un manichino che dal titolo dovrebbe sembrare essere la protagonista del dramma), ne ottiene pietosamente una notte d'amore, e ottiene dall'amico di famiglia l'uso dell'appartamentino.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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