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      Le compagnie drammatiche stanno riabilitando in Italia la fama infame di Oscar Wilde, col presentare queste vecchie commedie, nelle quali l'originalità spontanea dello Wilde si manifesta genuinamente piú che nelle stravaganze e nelle avventure giudiziarie; è un merito che si aggiunge alla esecuzione accurata che di Una donna qualunque ha offerto la compagnia Carini.
      (16 gennaio 1919).
      «Il fanciullo che cadde» di Martini al Carignano. Misteri abissali, sortilegi, inesplorate cavernosità di anime dedaliche, tormenti senza confine e senza possibilità di espressione verbale e che perciò domandano all'autore discorsi zeppi di parole (moltissimi aggettivi e scarsi sostantivi), di metafore, di ampi gesti abbracciatutto, e agli attori un'orchestica sostenuta e grave come di personaggi da tragedia greca.
      Fausto Maria Martini appare, in questi tre atti di Il fanciullo che cadde, come uno spirito pesante, goffo, di una pedanteria filistea spessa come il fumo ammorbante di una lucerna da vecchio letterato aristotelico. Non un guizzo vivo di fantasia, una costruzione lenta, volontaria, meramente esteriore di parole e di frasi e di giri e di intrighi e di spettacolosi duelli oratori, senza che dietro la nebbia verbale sia dato scorgere un'anima viva, una concreta figura umana che si attui in una passione, in una gioia, sia pure in una parola, ma che sia atto espressivo e non vuota sonorità vocale.
      Il fanciullo che cadde svolge una successione meccanica di scene, nelle quali si contempla lo sgomitolarsi di due stami vitali che la piú brutta delle Parche filò con soverchia velenosa saliva.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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