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      Come venga superato lo stato d'animo di Giorgio Banti, come Giorgio Banti finisca col dividere la follia amorosa di sua moglie e accettare per suo (credere suo) il figlio nascituro, dovrebbe essere argomento di questi tre atti del Pirandello.
      Il quale non ha voluto e non ha osato affrontare apertamente la concezione elementare della commedia: un figlio č solo fisica generazione, mero prodotto di un accoppiamento casuale, oppure č amore essenzialmente, nuova vita che scocca dalla fusione intima permanente di due vite? E ha irrigidito un'azione, ricca di umanitą e di liricitą, intorno a una fredda metafora da giardinaggio, e ha finito col credere, un po' anch'egli, all'accostamento artificiale tra gli uomini e le piante e ha presentato questo problema sessuale, che č poi fondamentale nella vita degli uomini, avvolgendolo in una artificiosa bambagia di dialogo a mezzi termini, ad accenni, a furtivitą sentimentali, accatastando tre gradi di vita in cui il problema si presenta (la pianta, una rozza villanella e la spirituale signora Banti), quasi non sapesse come esprimere al pubblico e come organare in atto la concezione che pure era chiara nella sua fantasia.
      Sono stentati i tre atti, prolissi nella loro secchezza e congestione. L'argomento č posto, ma non vivificato, la passione e la follia sono presupposte, ma non rappresentate. Il Pirandello non ha neppure realizzato una di quelle sue «conversazioni» drammatiche, che se non conteranno molto nella storia dell'arte, avranno invece molta parte nella storia della cultura italiana.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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