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      Ma l'albero della vita non emerge, non incanta con l'atteso lusso di fiori, di colori, di frutti: una banale sequela di bozzetti e una coreografia snervata e tediosa concludono la commedia.
      (13 aprile 1919).
      «L'intesa» di Rocca e «La trappola sentimentale» di Vecchietti all'Alfieri. La commedia di Gino Rocca è una lievissima costruzione scenica, culminante in un epigramma che può essere diversamente gustato e che va oltre l'intenzione stessa dell'autore, fervente interventista. Una cocotte italiana divide la sua grazia con tre soldati: un inglese, un francese e un italiano (l'italiano è imboscato); in essa ognuno dei tre trova un fascino come nell'intesa politica ognuna delle tre nazioni (l'italiano è l'amico del cuore, metafora che il dilettantismo morale e politico dell'autore getta lí, con una disinvoltura che in altri tempi e in altri sarebbe giudicata cinico e malvagio disfattismo). Un bozzetto senza importanza e senza altra conseguenza che non sia una risatina nervosa a fior di pelle.
      I tre atti di Pilade Vecchietti sono invece una complessa costruzione: essi seguono il modello classico della commedia d'intreccio. Bisogna, in fondo, congratularsi con l'autore, che ha avuto l'audacia di tornare all'antico, in questi tempi di frenetica modernità, di spasmodica ricerca del nuovo e dello strano. La trappola sentimentale espone i casi di una moglie trentacinquenne che sfiora l'adulterio e viene salvata dall'accorto e intelligente marito. Tutti i pezzi dello svolgimento sono preparati con cura e diligenza: la moglie può innamorarsi del primo uomo che le fa la corte (Paolo Anselmi), il marito, che possiede un intiero, un copioso epistolario amoroso di un ignoto anonimo, fa pervenire alla moglie queste lettere, le crea l'illusione di un innamorato misterioso, la culla in un incanto sentimentale che rende ripugnante la realtà. Ma l'autore delle lettere è proprio l'Anselmi, il quale tenta di rivolgere a suo giovamento l'astuzia dell'accorto marito, rimanendo finalmente sconfitto.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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