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      Le leggi della concorrenza hanno rapidamente condotto a termine l'opera loro disgregatrice: il comico è diventato un individuo, in lotta coi suoi compagni di lavoro, col «maestro», divenuto mediatore e coll'industriale del teatro. Sfrenata la speculazione sordida, essa non ha conosciuto piú confini. Il carattere stesso peculiare del lavoro da svolgere è diventato reagente corrosivo. Primeggiare nel guadagno va di pari passo col primeggiare nella compagnia, nelle funzioni direttive e autoritarie, nella libertà di scegliere per sé le parti a successo e spiccare, monumento funerario, in un cimitero di fosse comuni. La tecnica teatrale ne è stata scombussolata, la produzione si è adattata «facilmente» alle condizioni nuove; facilmente, nel senso che l'equilibrio è stato raggiunto in un piano infimo, di compagnie, di pubblico, di scrittori di teatro. Si parla di depravazione del gusto, di decadenza dei costumi, di dissoluzione artistica. L'origine di questi fenomeni vistosi è da ricercare unicamente nel mutarsi dei rapporti economici tra l'impresario del teatro, divenuto industriale associato in un trust, il capocomico, divenuto mediatore, e i comici soggiogati alla schiavitú del salario.
      Poche resistenze si verificarono a questo imperversare della concorrenza e della speculazione. Resistere d'altronde è difficile. Qualcuno cercò di salvare almeno una parte della libertà d'espressione artistica di fra le urla e gli stridi avidi del mercato capitalistico. Emma Gramatica è certamente di questi pochi: segno della sua personalità e della sua volontà artistica.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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