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      Ribellarsi sarebbe stato pazzo e puerile: è finito il tempo delle avventure romantiche e delle audacie donchisciottesche. Del resto queste sono possibili alle iniziative individuali, non alle imprese che domandano un complesso di individui. Ribellarsi avrebbe solo significato essere immediatamente privati delle possibilità maggiori di espressione. Ma c'è adattamento e adattamento. La Gramatica ha conservato una sua libertà di movimento e di scelta: c'è una ricerca continua, una lotta continua nella sua attività: c'è vita. Può conoscere zone inesplorate, può allargare la sfera della sua sensibilità e delle sue esperienze: non cade nella routine, non è diventata una mera impiegata, che ha applicato il metodo Taylor all'espressione plastica della vita, che ha ridotto a meccanismo – complicato, esperto, di 20.000 pezzi mobili, ma meccanismo – ciò che è in quanto imprevedibile e incoercibile: l'espressione.
      A Torino, almeno, dove l'industrialismo teatrale opera implacabile come un flagello, la Gramatica è la sola che in questi ultimi anni ha «prodotto» novità, ha suscitato dall'interiore sua vita creature nuove, che vibrano d'amore e di odio o svolgono la quotidiana fatica del vivere in forme non logorate e rese opache dall'abitudine e dallo schema del mestiere, che è regolato dalla legge del minimo sforzo. Ha tentato, ha osato, dicono che abbia anche arrischiato dei capitali senza certezza di rivalsa, per imporre fantasmi artistici che altrimenti non avrebbero mai passeggiato sulle scene italiane.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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