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      Per il nonno questa è una enormità: si ribella, resiste, poi non si sa come, cede, vende casa e podere e va in esilio. E il figlio che prima, allontanatosi dal padre, sembrava volersi dedicare egli pure alla vita dei campi, si pone recisamente contro tutti e fa l'organizzatore dei contadini.
      Il contrasto, come si vede, c'è. Siamo davanti a tre posizioni mentali, a tre tendenze diverse, a tre diverse soluzioni di un problema. Ma niente di piú. L'urto deriva da una antitesi logica, non da una contrapposizione di passioni, di volontà, di sentimenti.
      Dalla prima battuta all'ultima non vi è nulla che accenni a umanizzare il problema, a far sí che i protagonisti cessino di essere rappresentanti di una tesi o di una idea, e diventino uomini. Non vi è, dal principio alla fine, uno sviluppo. Accenti di umanità profonda avrebbero potuto essere tratti dalla posizione della donna che è insieme figlia, sposa e madre, e invece questa donna non ha un'anima, è un piccolo fantoccio che si può far ballare con tre fili diversi, è un brandello di carne che oscilla senza una direzione e senza un significato.
      Ma nessuno ha un'anima qua dentro, nessuno vive di una vita che non sia quella artificiale, che l'autore crede possa consistere nell'essere per l'industria o per l'agricoltura, per il denaro o per i campi. E nessuno parla realmente un linguaggio umano: declamano tutti, declamano per l'una e per l'altra tesi.
      Vero è che gli artisti si sforzano di aggiungere con l'azione loro ciò che ai personaggi l'autore non ha dato, e, bisogna dirlo, ci riescono talora assai bene.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573