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      Il dramma si rivela atroce e scheletrico nel terzo atto: sono di fronte due donne, che si contendono una bambina, l'una per difendere la sua maternità, non per conservare un amante: l'altra per avere in casa una figlia di suo marito, apparire a suo marito come madre, e con questa illusione di maternità ricostruire o costruire la famiglia, dare all'amore una moralità. Lotta atroce, crudele, perché la madre dovrà rinunziare alla sua bambina per assicurarle un avvenire, il nome del padre, una ricchezza, una casa; dramma rappresentato senza lenocini oratori, senza sdilinquimenti, senza scene grandiloquenti, e perciò direttamente rivolto a colpire tutte le abitudini sentimentali del pubblico, che reagisce con irti tutti i pregiudizi piccolo-borghesi. Ma il Pirandello è poi riuscito a esprimere il dramma in tutta la sua pienezza? Si ha l'impressione penosa, nei primi due atti, dello stento, del tormento senza uscita, che si adagia nella direzione, nella prolissa insistenza su particolari inutili: il motivo fondamentale è accennato vagamente, non conduce e non indica lo sviluppo dell'azione: il terzo atto appare come una rivelazione troppo cruda, troppo offensiva del... buon gusto e delle buone maniere.
      Il dramma non si replica.
      (13 gennaio 1920).
      «Io prima di te» di Veneziani al Carignano. Si contempla, in questi tre atti, lo svolgersi di un intrigo molto drammatico e pieno di risposte e profondissime significazioni: nel terzo atto compare perfino un personaggio simbolico, l'ignoto che fa da reagente sulle coscienze e determina precipitazioni ricche di sapori nuovi e mai gustati.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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