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      È tutto spiegabile, a cominciare dalla prima ripulsa di Anfissa fino alla sua caduta, e alle promesse dell'amante, e al suo desiderio piccino di vendetta e all'esasperarsi nella donna del sentimento e della gelosia. È un processo tutto umano di sviluppo quello che porta alla stanchezza dell'uno e all'odio dell'altra, alle offese che l'uomo fa all'amore e la donna all'orgoglio, alla violenta scena, in cui Anfissa di fronte alla famiglia riunita rinfaccia a Teodoro di aver tradito la moglie, di essersi fatto della cognata un'amante e di cercare ora un'amante nuova nella terza sorella, giovane, ingenua, ignara. È tutto umano e tutto si snoda con agilità e rapidità, ma tu senti che un gorgo di passione si è aperto nel quale questi uomini sono trascinati come festuche, che si è prodotta una lacerazione che non può essere chiusa perché forze e sentimenti umani si adoprano a renderla sempre piú grande e profonda.
      Il delitto, col quale si chiude il dramma, quando Anfissa uccide col veleno l'uomo che odia e ama, grava in realtà sull'azione fin dalle prime scene. Si direbbe un destino se non fosse una cosa che vien fuori in modo cosí chiaro dal cuore di questi uomini.
      In questo senso Andreieff ha scritto un dramma borghese, non solo introducendo in un ambiente comune un fatto tragico o qualche elemento di tragicità, ma cercando di ottenere da un esacerbato contrasto di passioni una trasfigurazione dell'ambiente, e se un appunto è da fargli, è quello di avere in questo senso troppo insistito, introducendo a esempio elementi secondari che servono a creare e mantenere un senso di diffusa drammaticità e di incertezza, ma sono poco strettamente collegati con l'azione scenica principale, restano impliciti e non si spiegano con essa.


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Letteratura e vita nazionale
di Antonio Gramsci
pagine 573

   





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