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      Ma non è forse vero che si tormenta proprio coloro che ci sono piú cari. Io voglio che tu faccia di tutto per guarire e star sana. Cosí potrai scrivermi, tenermi informato di Giulia e dei bambini e consolarmi col tuo affetto.
      Le 300 lire che mi hai mandato in giugno, le ho ricevute; devo anche avertelo scritto. Non mi hanno ancora consegnato il dizionario tedesco; ma tu perché me l'hai mandato? Potevo farne a meno per ora, in attesa di poter avere il mio. In linea generale non devi mandarmi nulla che io non ti domandi o sulla cui spedizione io non sia stato consenziente. Credi pure che questa è la linea piú razionale, a parte il fatto, come tu dici, che io non domando mai nulla. Non è vero; io, quando ho bisogno, domando; ma cerco di farlo razionalmente, per non crearmi cattive abitudini che poi è piú doloroso smettere. Per vivere tranquilli in carcere, occorre abituarsi al purissimo necessario; tu capisci bene che ogni piccola comodità, in questo ambiente, diviene una specie di vizio che poi è difficile estirpare, data l'assenza di distrazioni. Se si vuole rimanere forti e mantenere intatta la propria forza di resistenza, occorre imporsi un regime e osservarlo ferreamente. Per esempio: perché ho io sofferto tanto del tuo silenzio? Perché ero abituato a una certa regolarità nella corrispondenza: ogni irregolarità perciò assumeva un significato sinistro. Ma questa abitudine della corrispondenza regolare devi però crearmela, sai? Non pensare che io ti autorizzi a non scrivermi, con la teoria delle non abitudini!


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Giulia