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      Il sacrifizio che tu fai è troppo sproporzionato. Non potrai riacquistare la salute con questo clima umido. Per me è certo un grande conforto vederti, ma credi che poi io non pensi continuamente al tuo aspetto malaticcio e non mi senta dei rimorsi, per essere la causa e l'oggetto di questo tuo sacrifizio? Credo di avere indovinato il motivo principale della tua volontà di rimanere: tu pensi di poter partire con lo stesso treno in cui io sarò tradotto e di potere, durante il viaggio, provvedere in qualche modo a procurarmi un certo confort. Ho indovinato? Ebbene: questo motivo non avrà nessuna possibilità pratica di estrinsecarsi. Le disposizioni per la traduzione saranno certamente molto severe e la scorta non permetterà in nessun modo che i «cristiani» si interessino dei detenuti. (Apro una parentesi per spiegarti che i coatti e i detenuti dividono il pubblico in due categorie: «cristiani» e coatti o detenuti). Il tuo proponimento sarebbe inutile e forse dannoso, perché potrebbe anche determinare diffidenza e un accrescimento di severità e di rigore. Tu otterresti solo di viaggiare nelle peggiori condizioni e giungere a Roma ammalata per altri quattro mesi. Carissima Tania, io penso che bisogna essere pratici e realisti anche nella bontà. Non che tu sciupi la tua bontà, ma sciupi le tue energie e le tue forze; ed io non posso piú a lungo consentire a ciò. Ho proprio riflettuto a lungo sull'argomento e avrei voluto dirtelo a voce; mi è proprio venuto meno il coraggio nel vederti e nel pensare che forse ti avrei ancora afflitto.


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Lettere dal carcere
di Antonio Gramsci
pagine 803

   





Apro Roma Tania